Nel sacco

Quello che ho fatto, alla fin fine, è quel han fatto un po' tutti. Ho semplicemente infilato una mano nel sacco, ecco tutto.

Molti non se ne ricordano nemmeno più, è vero. Ma qualcuno sì. Qualcuno come me, per esempio. Qualcuno che sa. Che si rende conto, perfino con una certa chiarezza, di non ridursi soltanto a quella sua mano imprigionata nel sacco. Qualcuno che sente di esser anche tutto il resto. Il resto rimasto al di fuori. Al di fuori del sacco, intendo.

Non so, a dire il vero, se l'idea sia partita da me o da qualcun altro. So solo che mi son ritrovato con questa mano impigliata nel sacco. Intinto nell'esserci soltanto fino al polso..

Sin da subito, ho cercato altre mani. E ne ho trovate alcune pronte ad accarezzar con dolcezza la mia. A stringerla tra le loro forti dita. A trasmetterle calore, a donarle sicurezza.

Poi, pian piano, quelle vecchie mani si sono allontanate. Ho provato ad aggrapparmici, ad afferrar la punta delle loro ruvide dita; ma mi sono sfuggite, e sono sparite. Sparite per sempre. Allora ho iniziato ad agitar la mia mano alla cieca, avvinghiandomi a quel che trovavo. E sono arrivati gli schiaffi. E i graffi. Mille unghie hanno preso a lacerarmi la pelle senza alcun motivo. Senza alcun preavviso. E qualche volta, tanto per non soccombere, mi son messo a graffiare anch'io, lo ammetto.

Mi hanno fatto male. E ho fatto male.

Ho ricevuto pugni sul dorso, sul palmo. Ancor più duri, ancor più dolorosi, proprio da quelle dita affusolate che lì per lì mi si erano avvicinate con fare morbido. Carezzevoli e suadenti. Procurandomi un dolce, seducente, irrefrenabile solletico. Ma capaci, improvvisamente, di trasformarsi in tenaglie di piombo. In micidiali pugni di ferro.

Così, alla cieca, sempre più solo e disperato, ho ripreso a muover le dita su e giù. Cercando, cercando… Cercando di allungar la mia mano fino in fondo alla tela, nell'illusione di ritrovar quelle dolci carezze di un tempo. Ma solo unghiate, soltanto schiaffi, ho raccolto nel buio. Unghiate e schiaffi di artigli affamati e voraci.

Ora lo so. So che la mia vita è ben altro. Che non si riduce soltanto a questo tumultuoso, cieco e affollato agitarsi di falangi, che afferrano e artigliano a caso, in uno stretto buco di tela. So che c'è altro. Ben altro. So che arriverà anche il giorno di tirarla via, questa mano. Di liberarla felice. Di riaprirla all’antica luce del giorno. Di alzarla al cielo a respirar la fresca brezza della sera.

E quando dovrò ricacciarla in quel sacco, tra nuovi schiaffi e nuove carezze, sarò forse capace di ricordare un po' più quella luce.

Di ripensare un po' più a quella brezza.

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Il sangue e la libertà